San Martino
La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
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Nostalgia
Tra le nubi ecco il turchino
Cupo ed umido prevale:
Sale verso l'Apennino
Brontolando il temporale.
Oh se il turbine cortese
Sovra l'ala aquilonar
Mi volesse al bel paese
Di Toscana trasportar!
Non d'amici o di parenti
Là m'invita il cuore e il volto:
Chi m'arrise a i dí ridenti
Ora è savio od è sepolto.
Né di viti né d'ulivi
Bel desio mi chiama là:
Fuggirei da' lieti clivi
Benedetti d'ubertà.
De le mie cittadi i vanti
E le solite canzoni
Fuggirei: vecchie ciancianti
A marmorei balconi!
Dove raro ombreggia il bosco
Le maligne crete, e al pian
Di rei sugheri irto e fosco
I cavalli errando van.
Là in maremma ove fiorío
La mia triste primavera,
Là rivola il pensier mio
Con i tuoni e la bufera:
Là nel ciel nero librarmi
La mia patria a riguardar,
Poi co 'l tuon vo' sprofondarmi
Tra quei colli ed in quel mar.
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Gabbiani
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
Com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina ,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
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Passato
I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo,
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire
che m’appartieni
e qualche cosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapido!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l’amore
brucia la vita e fa volare il tempo.
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A Tullio
Qui forse potrei vivere
potrei forse anche scrivere
potrei perfino dire
qui è gentile morire
Genova mia città fina:
ardesia e ghiaia marina.
Mare e ragazze chiare
con fresche collane di vetro
(ragazze voltate indietro
col fiasco sul portone
prima di rincasare)
ah perder anche il nome
di Roma, enfasi e orina.
Qui forse potrei scrivere:
potrei forse anche vivere.
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Foglie
"Quanti se ne sono andati
quanti
che cosa resta
nemmeno
il soffio
nemmeno
il graffio di rancore o il morso
della presenza
tutti
se ne sono andati senza
lasciare traccia
come
non lascia traccia il vento
sul marmo che passa
come non lascia orma l'ombra
sul marciapiede
tutti
scomparsi in un polverio
confuso d'occhi
un brusio di voci afone, quasi
di foglie controfiato
dietro i vetri
foglie
che solo il cuore vede
e cui la mente non crede."
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